Torno a scrivere dopo molto tempo, a causa di un brutto incidente, occorsomi in scooter mentre andavo a Roma a lavoro… torno riallacciando il mio dialogo con voi, assidui lettori, facendo riferimento al Decennale della felice intuizione, che portò, nel 2000, all’istituzione del “Giorno della memoria” della più triste abiezione umana rappresentata dall’Olocausto degli Ebrei, la Shoah.
Evito considerazioni personali, sempre inadeguate rispetto all’immane tragedia e rimetto a voi un brano, tratto da un libro di ricordi e testimonianze del 1998 di Mario Tagliacozzo Metà della vita. Ricordi della campagna razziale 1938-1944
Milano Baldini & Castoldi
“Carlo, che aveva visto giusto sin dal principio, continuava a farci i suoi discorsi profetici, mentre Renzo veniva di lì a poco colpito da una prima disposizione. Non uscì alcun decreto, ma una semplice circolare che proibì l’esecuzione alla radio delle musiche degli ebrei. Renzo aveva vinto pochi giorni prima un concorso per delle cantiche militari: ebbe appena la soddisfazione di vedersi dichiarato vincitore e subito vide spezzata la sua carriera perché successivamente lo stesso provvedimento fu esteso anche ai concerti.
In aprile, quando ancora perduravano le malattie familiari, avemmo finalmente il piacere di vedere sistemata a giardino la piazza davanti alla nostra casa che, quando eravamo venuti nel quartiere, era ancora un informe cumulo di macerie e di polvere, che diveniva fango nelle giornate di pioggia. Fu finalmente livellata la piazza, furono costruiti i marciapiedi, mentre una vasta rotonda centrale veniva adattata a giardino con alberi, aiuole e panchine.
In maggio poi tutta Roma era festante per il prossimo arrivo di Hitler; si ripuliva e si abbelliva, mentre le strade si arricchivano di festoni, di bandiere, di luminarie, di fontane luminose, si montavano impalcature, si imbiancavano facciate. Tutta la città era in festa e si preparava al grande avvenimento. Furono giornate di confusione, di riviste, di spettacoli all’aperto e di movimento continuo, mentre il lavoro si arrestava.
L’amicizia tra Italia e Germania si cementava sempre più e noi non potevamo gioirne, perché prevedevamo che da questa situazione a noi non poteva venire del bene.
In luglio una prima pubblica manifestazione apparve sui giornali ad opera di un gruppo di professori universitari e di intellettuali e fu poi ricordato come “il manifesto della razza”. Era un primo segno dei tempi e ne restammo sbalorditi. In quello stesso periodo fu pubblicato il primo numero di una rivista che affrontò il problema razziale, mentre Interlandi sul “Tevere” cominciava più violenta la sua campagna contro gli ebrei. A mezzogiorno il marciapiedi davanti al caffè Aragno e la piazza San Silvestro erano invasi da strilloni che offrivano il giornale con il velenoso articolo della giornata. Ricordo benissimo quel mese di luglio 1938: i miei erano in campagna in Ancona e così pure era fuori la famiglia Massarani. Ci incontrammo con Renzo ogni giorno per far colazione insieme alla Campana o alla Barchetta e spesso finivamo per mandar giù dei bocconi assai amari, quando, mentre ci sedevamo a tavola, ci venivano a porre sotto il naso l’articolo di Telesio Interlandi.
Passava il tempo. Virgola insisteva perché mi occupassi della villeggiatura, ma ero quanto mai perplesso e non sapevo cosa fare, sembrandomi inopportuno il muoversi da Roma. Si temeva che qualcosa potesse succedere da un momento all’altro, come molti dicevano, ed allora non sarebbe stato bene il trovarsi lontani da casa, in un paese sconosciuto e in un ambiente forse ostile. Altri consigliavano invece di muoversi per godere di una villeggiatura che non avrebbe potuto farci che bene, specie in un momento in cui il futuro ci era quanto mai ignoto e oscuro.
Vito, proprio in quel periodo, per l’impresa per la quale lavorava, aveva vinto il concorso per un ponte sul Tevere. Ebbe appena la gioia di vedersi dichiarato vincitore pubblicamente perché in seguito non ebbe nessun beneficio dal suo brillante risultato. L’impresa trasse profitto dalla situazione che si era creata in seguito alla campagna razziale e Vito non ebbe alcuna possibilità di farsi sentire e non figurò in modo alcuno come progettista.”