I deliri di Rubeis

In questi giorni, in occasione della votazione in Consiglio regionale della P.L. 168/2011, riforma della legge cave con riferimento alle proroghe delle attività autorizzate, in regola e il cui progetto di escavazione non sia esaurito, il Sindaco Rubeis,  in preda ad un delirio autoreferenziale,  ha rilasciato dichiarazioni eccessive e disgustose.

Fra le tante amenità e le imprecisioni da incompetente,  su cui si è dilungato, ha strumentalizzato la questione delle subsidenze, che ha riguardato e riguarda il territorio di Villalba dopo aver taciuto, sulla questione medesima,  per circa due anni.

Oltre il disgusto che si prova nel verificare come un Sindaco strumentalizzi questioni importanti e gravi, che determinano la sofferenza di molta gente, tale contegno ha esplicitato (finalmente n.d.r.) una strategia, che gli addetti ai lavori ben conoscono, di attacco alle attività estrattive non per scrupoli ambientalisti,  che l’architetto – cementificatore Rubeis non ha mai avuto, pur avendoli millantati per diverso tempo, ma per esigenze di parte nella ormai annosa “guerra dell’acqua” fra le Cave e le terme.

E’ fatto notorio, infatti, che l’architetto Rubeis sia tecnico “interessato” alle vicende del socio privato delle Terme di Roma ex “aque albule” e che in diverse occasioni ne abbia curato anche alcune progettazioni sia a Guidonia Montecelio che a Tivoli.

Altra questione: con la delibera di Giunta n. 277 del 18 novembre 2010,  lo stesso Sindaco Rubeis si determinava, in assenza di decisioni della Consulta regionale cave, a prorogare le autorizzazioni, sua sponte, nei medesimi termini previsti dalla proposta di Legge in discussione in Consiglio regionale.

Questo è veramente troppo. Rubeis terrorizza le imprese e i lavoratori delle cave, strumentalizza coloro che subiscono il problema subsidenza, senza essersene fin qui occupato e sostiene attività (che potrebbero benissimo convivere), ma che hanno sviluppo nel territorio del Comune di Tivoli e le società nel Comune di Roma e per di più si sostituisce alla Regione e proroga le attività estrattive (magari perché in quel momento qualche imprenditore del settore glielo chiede).

D’altra parte è difficile aspettarsi la tutela degli interessi del territorio di Guidonia da parte di chi risiede nel Comune di San Polo dei Cavalieri, ed è cerchiobottista per natura e non decisore e competente come vorrebbe far pensare.

Ad maiora

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Amministrative 2011

Un breve ragionamento.

All’indomani della contesa elettorale, pur nella mancanza di interesse locale a questa tornata amministrativa (a Guidonia Montecelio non si votava!), mi sembra necessario fissare alcuni punti.

La considerazione,  fin troppo ovvia e lapalissiana,  è che il fronte PDL – Lega, al di là dei risultati di Milano,  esce ridimensionato. Il progetto politico, alternativo alla Sinistra,  sembra perduto, e – forse per la prima volta – la personalizzazione voluta e cercata da Berlusconi non ha premiato, anzi forse ha danneggiato,  i candidati del Centro – destra.

Tuttavia,  non si può dire che il PD abbia vinto le elezioni. Il fronte antiberlusconiano, infatti, si è diviso e differenziato ancor più di prima ed è oggettivamente difficile,  su queste basi,  costruire una credibile e salda alternativa di governo. Fra il qualunquismo dei grillini, l’estremismo della sinistra antagonista e il giustizialismo di Di Pietro appare di fatto difficile la compenetrazione di interessi e di disegni politici. Il PD non catalizza ed è ingessato su dati consueti.

Il Nuovo Polo non esplode, ma tanto meno implode. Segna il passo e dà un segnale, più forte nelle realtà locali, di presenza vera nel primo importante test elettorale.

In molte realtà si è determinanti per la vittoria finale, ma ora la valutazione va fatta, a mio modestissimo avviso, sui programmi amministrativi dei differenti candidati, ma anche sulla “vocazione” dei diversi candidati allo scardinamento dell’attuale sistema bipolare.

La mission rimane sempre la stessa: la critica al bipolarismo, la necessità di superarlo e la progressiva fuoriuscita dalla transizione infinita verso la Seconda Repubblica, di cui il “berlusconismo”  ad ogni buon conto è CAUSA -EFFETTO.

Bisogna insistere, con tenacia e pazienza,  in questa direzione senza se e senza ma.

Ad maiora

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11 maggio: Rutelli sul Corriere della Sera

“Il terzo polo sarà decisivo. Nei ballottaggi ci schiereremo. Il terzo polo sta con la gente normale che è stanca del bipolarismo esasperato”. Il leader dell’Api definisce ”esaurito” il bipolarismo a soli 5 anni di distanza da quando sembrava ”consolidato e irreversibile” e stila la lista delle numerose città dove è possibile che alle prossime elezioni amministrative si vada al ballottaggio: Napoli, Milano, Torino e Bologna.

”La crisi del bipolarismo nasce dalla crisi dei due maggiori partiti – afferma Rutelli – . Berlusconi cerca di porvi rimedio con una versione farsesca del bipolarismo: urla e strepita, allontana i moderati che verranno da noi. C’è sempre un maggior disagio tra i suoi elettori”.

Per Rutelli, Berlusconi ”più fa propaganda urlata e meno governa”, come nel caso del decreto legge per lo sviluppo – aggiunge – che è solo un ”comunicato stampa”, neanche trasmesso al Quirinale per la firma. Il numero uno di Alleanza per l’Italia ipotizza che il terzo polo peserà nei ballottaggi e ”all’indomani del primo turno – dice Rutelli – ci riuniremo e decideremo caso per caso quale indicazione dare. Ci sarà libertà di scelta in situazioni molto limitate, anzi limitatissime, certo non in quei ballottaggi che hanno una valenza nazionale”. ”Noi entreremo in campo – conclude – e questo significa che i due poli non possono dare niente per scontato”.

“I due maggiori partiti, Pdl e Pd, non hanno saputo mantenere le promesse. Il primo, insieme alla Lega, avrebbe dovuto rappresentare un centrodestra moderno e liberale e invece ha preso la deriva di un plebiscitarismo e di un populismo personale: quello di Berlusconi. Il Pd doveva essere il partito del riformismo moderno, ma ha fallito e nel centrosinistra c`è il dominio delle ali estreme. Il Partito democratico è una nave esposta a tutte le tempeste degli ultras: al populismo di Nichi Vendola, al giustizialismo di Antonio Di Pietro, al qualunquismo di Beppe Grillo. E a proposito del Partito Democratico, vorrei dire un cosa II Pd prima o poi

dovrà decidere: non può pensare di tenere insieme noi, Vendola e Di Pietro. Il nostro polo è una forza autonoma che non può allearsi per il governo del Paese con Sel e Italia dei valori che non condividono una politica estera responsabile e sono sempre schierate con le forze sindacali più radicali”

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E’ morto Mario Di Carlo

Il 25 aprile 2011 è deceduto il consigliere regionale Mario Di Carlo.

Uomo di notevole capacità politica, sempre disponibile nei confronti del prossimo, si poneva al servizio dei cittadini con semplicità e realismo.

E’ stato per me un amico.

Porgo, da questo blog, le mie sentite e sincere condoglianze a tutti i componenti della sua famiglia.

Ad maiora.

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BUONA PASQUA!

Ciao!

Con questo brevissimo post desidero farti soltanto i miei auguri di Buona Pasqua!

Sono in partenza e sarò in vacanza per i prossimi 3 giorni, ci rivedremo al mio rientro, quando faremo il punto della situazione a Guidonia e dintorni.

Ad maiorapasqua-auguri

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Intervento di MEI in occasione della discussione sul PRAE

Riporto, di seguito l’intervento di Mario MEI in occasione della discussione sul Piano Regionale delle Attività estrattive: un chiaro sostegno al settore e al nostro territorio.

“Oggi, finalmente, arriva in Aula, per la discussione definitiva, il Piano Regionale Attività Estrattive.

Di questo voglio, da subito, ringraziare il Presidente Saponaro, che, con la caparbietà e lo zelo che gli sono soliti, ha intelligentemente stimolato e contingentato i lavori di Commissione,  al fine di addivenire alla conclusione di un percorso normativo, su cui si sono avvicendate molteplici Amministrazioni regionali di diversi colori e sensibilità in un arco di tempo, che supera i venti anni.

Il PRAE rappresenta uno strumento fondamentale ed improcrastinabile che – superata la fase emergenziale – pianifica e monitora,  sistematicamente  ed in modo organico,  un settore strategico dell’economia laziale. Si tratta, come ho già detto, di un provvedimento atteso da più di venti anni,  che consentirà alle imprese del settore di uscire dalla lunga fase di transizione,  che ha caratterizzato il rilascio delle autorizzazioni alle attività estrattive, gli ampliamenti, le proroghe.

Ricordo a tutti i colleghi che, oggi, tutte le richieste autorizzatorie devono superare defaticanti passaggi amministrativi e, infine, ricevere il parere obbligatorio e vincolante di due commissioni consiliari.

Non è più plausibile che un investitore, determinato ad intraprendere un’attività estrattiva, debba aspettare più di cinque anni e 86 passaggi amministrativi per ricevere l’autorizzazione del proprio piano di coltivazione. Questo iter, farraginoso e ridondante, non consente una programmazione certa sui tempi e sull’esito delle richieste, con ripercussioni intollerabili per il settore in termini di pianificazione degli investimenti e di garanzie sui livelli occupazionali.

Tutto ciò ha determinato, come conseguenza,  che non si è avuta, da parte delle imprese, una programmazione nel medio/lungo termine, a causa della complessità del quadro normativo, il quale non ha mai dato all’imprenditore certezze per il futuro degli investimenti.

Il piano, votato all’unanimità in Commissione,  anche in considerazione del fatto che  buona parte del lavoro svolto nella precedente legislatura è stato ricompreso nel provvedimento, è stato redatto mediante l’ausilio del Ceri (Centro di Ricerca dell’Università La Sapienza di Roma) attraverso l’utilizzo di moderne tecnologie informatiche,  ed è strumento dinamico, che permette una fotografia abbastanza fedele ed in tempo reale dell’attività estrattiva nella Nostra Regione.

Io ed il Gruppo di Alleanza per l’Italia, che mi onoro di rappresentare salutiamo, pertanto, con soddisfazione e con la necessaria enfasi, l’approdo odierno.

Lo saluto con soddisfazione, perché va a colmare un mancanza ventennale di decisione. La mancanza di decisioni crea dei vuoti,  nei quali si insinua facilmente l’ideologia. Purtroppo sulle cave c’è stato e c’è ancora un eccesso di ideologia.

Per questo nei minuti, che mi sono concessi,  vorrei dare qualche informazione, utile per meglio inquadrare il tema, sul ruolo dell’attività estrattiva nel contesto regionale.

L’attività estrattiva è un mestiere antico ed un settore di pregio,  nel quale possiamo vantare esperienza, storia e prestigio. Credo che sia nota a tutti i presenti la bellezza dei materiali estratti nella nostra Regione,  dei quali si sono fregiati sculture, piazze e palazzi in tutto il mondo.

Ed è anche un settore importante e strategico dell’economia regionale: nel Lazio sono impiegati circa 8000 addetti,  oltre ad un cospicuo e non censito indotto.

In Italia gli addetti sono circa 14.000 per un totale di 1.800 imprese.

Questo settore risente, come altri, della crisi mondiale: le imprese, infatti, stanno facendo ampio ricorso alla cassa integrazione e alle diverse forme di mobilità volontaria.

L’attività estrattiva fornisce, inoltre,  la materia prima per l’edilizia. Il rilancio della stessa edilizia – quella privata, ma anche le grandi opere infrastrutturali – rappresenta, anche nel nostro territorio una concreta speranza di ripresa dall’ attuale crisi.

A questo, però, aggiungiamo qualcosa che il terremoto in Abruzzo ha evidenziato, ma che già si sapeva, cioè che la qualità delle costruzioni è strettamente legata alla qualità dei materiali impiegati.

Da qui il ruolo delle cave di qualità. E sul profilo l’importanza del PRAE, ossia di quello che potremmo comodamente definire come “il piano regolatore delle attività estrattive” è di pacifica comprensione, poiché dà certezza ad imprese, cittadini ed utenti finali.

Dire no alle cave, quindi,  significa di fatto porre un veto allo sviluppo infrastrutturale della nostra Regione e del nostro Paese.
Sono scelte di carattere politico.

Nel passato la figura del cavatore è stata in generale piuttosto impopolare: nell’immaginario collettivo si trattava di individui senza scrupoli, che sventrano colline e montagne in maniera indiscriminata. Se questo è stato vero in alcuni casi, i tempi sono decisamente cambiati e sempre più devono cambiare.

Oggi il cavatore, rectius l’impresa estrattiva, (si tratta, infatti, di vera impresa industriale) non  deve avere in mente unicamente il  profitto: è attenta all’ambiente, al paesaggio, alla sicurezza, ai rapporti con la popolazione, con il Sindaco, con le maestranze; usa tecnologie innovative, ad alta efficienza, sempre più sicure per l’uomo e per l’ambiente; opera un accurato controllo di gestione, che gli consente di optare sempre per le scelte a basso costo (anche ambientale); monitora costantemente i suoi impatti ambientali attraverso una rete di sorveglianza di ultima generazione;  pensa al ripristino della cava sin dalla fase di progettazione della stessa; si accorda con la popolazione per trovare soluzioni di ripristino ad alto contenuto ambientale (laghi, aree ricreative,…). Questo è il mondo estrattivo che dobbiamo concorrere a delineare.

Quindi, se ancora queste parole significano qualcosa, l’impresa estrattiva è e deve sempre più essere attenta allasostenibilità ambientale.

Sostenibilità ambientale è un termine, di cui spesso si abusa: non significa “non fare mai niente in nessun posto”,  ma piuttosto  “sparecchiare la tavola dove mangiamo senza lasciare ad altri questo compito”, prendendoci la responsabilità del sistema di vita, che TUTTI abbiamo scelto.

Propongo, innanzitutto, che la legislazione regionale collegata renda il PRAE un congegno flessibile. L’abbiamo atteso per più di vent’anni e,  presumibilmente, varrà per altrettanti. Deve, quindi, essere così generale e duttile da poter rispondere a scenari economici e sociali mutevoli e diversi. Il PRAE si calerà in un territorio nel quale c’è già, da decenni,  attività estrattiva,  per cui deve indicare linee di indirizzo tali da non paralizzare il settore ma da guidarlo correttamente.

Condivido l’idea della Regione di redigere un PRAE “negativo” per sabbie e ghiaie,  che indichi le zone in cui è vietato scavare,  ma, allo stesso tempo, chiediamo alla Regione di non sposare nel PRAE in maniera incondizionata il“principio di precauzione”.

Sarei, infatti, preoccupato per il futuro dell’economia regionale, se vedessimo nel PRAE divieti di cavare tout court.

Le attività ad impatto zero non esistono, ma non per questo deve essere perseguita in tutti i casi la cosiddetta “opzione zero” (cioè non realizzare mai niente). La norma europea offre – anzi impone – tutti gli strumenti,  affinché vi sia convivenza fra sviluppo e sostenibilità.

Riteniamo che debbano essere agevolati gli ampliamenti di cave esistenti rispetto all’apertura di nuove cave. Infatti – fatte salve alcune eccezioni – ampliare ha costi di investimento, infrastrutturali ed ambientali minori dell’apertura di nuove cave.

Uno dei presupposti del PRAE è l’analisi dei fabbisogni prevedibili di materiale. Riteniamo questo un passaggiochiave di questo prodotto legislativo. Anche in termini di adattamento del piano alla realtà bisogna partire dal presupposto che i fabbisogni di materiale dei prossimi dieci anni non possono essere valutati esclusivamente in termini di volumi di materiale. Men che meno se questi volumi sono i volumi autorizzati ad oggi, poiché sarebbe come camminare avanti con lo sguardo rivolto all’indietro.

L’analisi dei fabbisogni deve tener conto anche della qualità del materiale richiesto: voglio costruire ponti (quindi ho bisogno di calcestruzzo della miglior qualità) oppure ho bisogno di inerti per riempimenti? Inoltre deve essere valutata l’incidenza del trasporto. In questo modo lo studio può tener conto sia di aspetti di natura economica che di natura ambientale.

Sempre sul fabbisogno di materiale mi piacerebbe chiarire un concetto: spesso si sente dire “no cave ma recupero di materiali da demolizione”. Giusto e sensato. Tuttavia, voglio invitare chi usa questi slogan a richiedere l’autorizzazione per il recupero di inerti e verificare di persona che si tratta di una corsa ad ostacoli con esito incerto. Anche su questo, a mio avviso, è necessario intervenire.

Il percorso va, però, completato: il Piano e’ uno strumento, che costituisce la linea strategica del settore e che, pertanto, e’ un’ ineludibile base propedeutico/ concettuale per  fissare  i successivi “paletti” legislativi e regolamentari.

Bisogna, quindi, intervenire sulla legislazione collegata primo fra tutto modificando la l.r. 17/2004.  Il tentativo ultimo della Giunta, operato con la l.r. 168/2011,  anch’essa emendata e votata in Commissione unanimemente,  va implementato attraverso una riforma organica e di sistema, che abbia il PRAE stesso come orizzonte costitutivo degli interessi.

Vorrei fornire a tale proposito alcuni spunti all’Aula su una nuova norma per il settore estrattivo o, meglio, sulla calibratura che la modifica alla normativa esistente deve avere.

Conferenza dei servizi: le autorizzazioni per le cave dovranno passare attraverso una conferenza dei servizi, come avviene per tutte le autorizzazioni ambientali, nella quale le autorità, che hanno competenza sull’ambiente,  esprimono il proprio parere;

Eliminare l’escavazione contingentata, ma soprattutto porre come limite ultimo alle proroghe il progetto escavativo e di coltivazione autorizzato e non un mero limite temporale.

Consorzi: ritengo che nella nuova norma il ruolo dei consorzi debba essere valorizzato. I Consorzi dovranno essere interlocutori privilegiati in particolar modo in caso di opere infrastrutturali regionali anche gestendo cave dedicate a questi specifici interventi.

La lista degli argomenti potrebbe continuare ancora: potremmo parlare di ripristini, di fideiussioni, dello scavo in zona agricola. Mi fermo qui, perché, come è stato ribadito più volte, siamo certi  che questo momento sia l’inizio di un confronto costante e competente sulle attività estrattive nel clima di sereno confronto collaborativo, che ha caratterizzato fino ad ora i lavori di Commissione e di cui ringrazio ancora il Presidente Saponaro.

I prodotti del Lazio godono di una certa considerazione,  soprattutto le pietre ornamentali, come travertino, coreno, peperino e basaltino, prodotti con una grande potenzialità, apprezzati in tutto il mondo. Al settore delle attività produttive della Regione Lazio  il compito di migliorare l’attrattività del territorio, attuando una programmazione organica, con interventi mirati e di promozione, che coinvolgano le ditte le aziende o le imprese esercenti,  al fine di valorizzare le peculiarità del proprio prodotto.

Ad esempio, nei bacini del travertino dei Comuni  di Tivoli e Guidonia Montecelio, l’attività estrattiva e di lavorazione della pietra ornamentale ha reso il sito uno dei più importanti e conosciuti al mondo, sede di distretto industriale. (n.d.r. grazie Saponaro)

Lì la soluzione a alcuni problemi si è trovata grazie al piano stralcio, nel quale l’obiettivo della Regione è di riequilibrare il bacino, salvaguardando da una parte, le esigenze  di produzione di materiale ornamentale e, dall’altra, garantire il rispetto dell’ambiente e della qualità della vita in generale. Oggi, in ogni caso, non è più possibile estrapolare un settore, per quanto ampio e importante, dal contesto territoriale, in cui opera.  La risposta è proprio questo piano regionale di attività estrattive, che inquadri gli interventi della Regione in un’ottica comprensoriale, cercando il più possibile di favorire iniziative di livello consortile, e coinvolgendo tutte le realtà operanti in Italia, allo scopo di salvaguardare l’ambiente.

In definitiva, oggi, le  attività di estrazione dei minerali nel Lazio si possono svolgere con più tranquillità e pianificare con un minimo di certezza il medio termine e i produttori laziali di minerali hanno molte possibilità di crescere economicamente tramite l’internazionalizzazione e la commercializzazione dei loro prodotti

Investire per il futuro significa anche investire nella formazione: tutela del personale e sicurezza sul lavoro sono elementi  imprescindibili per le attività. E’ importate sottolineare che l’attività della Regione Lazio si deve concretizzare anche dal punto di vista della polizia mineraria per assistere e collaborare, tramite il personale addetto, con le aziende e i lavoratori del settore estrattivo.

E’ evidente come l’aspetto scientifico sia importante anche per quel che riguarda le innovazioni tecnologiche, che apportano maggior sicurezza nel comparto lavorativo degli operatori e degli investitori del settore.

Il compito dell’assessorato alle attività produttive della Regione Lazio, insieme agli imprenditori, è anche quello di diffondere una nuova concezione dell’attività estrattiva: oggigiorno esiste una concezione distorta dell’attività estrattiva ed è, quindi, necessario informare l’opinione pubblica che la realtà produttiva si inserisce a pieno titolo nel territorio dove opera ed è in grado di arrecare vantaggi alle comunità locali.

I concetti di impresa e di investimento non devono più essere collegati intrinsecamente all’interno dell’impresa, ma devono assumere un valore estrinseco nella società e nel territorio, in cui agisce l’azienda, ed è in tale direzione che la regione Lazio si deve evolvere.

Un altro punto critico, di particolare rilievo e di particolare delicatezza, anche al centro dell’attenzione di altre Regioni, è la gestione del delicatissimo rapporto tra esercizio dell’attività e ripristino ambientale.

Il recupero ambientale è un momento dello stesso ciclo produttivo.

Al di là del tema dei danni causati dall’attività mineraria sul territorio,  a causa di interventi non programmatici, è opportuno porre l’accento sull’attività mineraria,  intesa non come finalizzata all’estrazione del minerale, cioè a ricavarne un utile, ma a perseguire anche altri obiettivi.

Se,  a livello nazionale, le risorse minerarie fossero indagate, e tutte le zone a rischio di frana dal punto di vista della geomorfologia naturale fossero esattamente individuate,  si potrebbero sfruttare e estrarre del minerale tramite un procedimento,  che  permetta di alleggerire la zona a rischio-frana,  chiaramente dopo aver tenuto conto dei vari vincoli paesaggistici (autorizzazioni, pareri, come quello di tipo minerario o ambientale /naturalistico).

Così si andrebbe in direzione di uno sviluppo sostenibile.

Per tutto quanto menzionato, e per tante altre motivazioni mi auguro un voto largo e diffuso di assenso a questo provvedimento, che disciplina il settore e fornisce un quadro di regole omogenee, certe ed applicabili.

Di pari auspico un impegno concreto a portare in quest’aula a brevissimo giro la legge 168/2011 così come emendata dalla Commissione e comunque una complessiva rivisitazione della normativa” conseguente e collegata al Prae.

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Interrogazione presentata da gruppo API a sostegno dei dipendenti Anagrafe

Riporto di seguito un’interrogazione su problemi segnalatici dai dipendenti dell’Anagrafe del Comune di Guidonia Montecelio

OGGETTO: Direttiva 2004/38/CE del 29.04.2004 e D. Lgs nr. 30 del 06.02.2007. Interrogazione con richiesta di risposta scritta

Premesso che:

–           il parlamento europeo ed il consiglio europeo hanno emanato la direttiva 2004/38 CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;

–           lo Stato italiano ha recepito la citata direttiva con il D. Lgs nr. 30 del 06 febbraio 2007, che disciplina le modalità di esercizio del diritto di libera circolazione, ingresso e soggiorno nel territorio italiano;

–           l’art. 2, comma 11, della legge nr. 244 del 2007 ha assegnato un contributo in favore delle amministrazioni comunali per l’attuazione della già citata direttiva;

–           il DM 28 aprile 2008 disciplina le modalità di riparto ed erogazione del contributo, in particolare:

  • una quota del 40% dello stanziamento al fabbisogno formativo, rapportando l’importo alle unità di personale effettivamente impiegato per l’attuazione della più volte citata direttiva;
  • la restante parte (60%) tra i comuni interessati, in relazione al numero dei cittadini dell’Unione europea per i quali è stata fatta richiesta di iscrizione anagrafica di cui a D. Lgs 30/2007 ed al numero di richieste di attestazioni di soggiorno permanente presentate;

–           le somme erogate in relazione all’attività svolta, destinate agli operatori dei servizi demografici che hanno effettivamente svolto le nuove funzioni attribuite ai comuni dal D. Lgs nr. 30/2007, sono ferme da dicembre 2009 presso il servizio finanziario di codesta amministrazione (cap. 550/46, reversale 3294 del 21 dicembre 2009),

Rilevato che il personale dei servizi demografici ha ottemperato, con ampia disponibilità e puntualità, a quanto stabilito dalla normativa di legge,

Considerato che dette risorse sono specificamente destinate e vincolate ai fini indicati dal Ministero dell’Interno e che pertanto l’erogazione del contributo spetta esclusivamente agli operatori che effettivamente hanno lavorato le pratiche di cui al D. Lgs 30/2007,

SI CHIEDE

a)        di conoscere le motivazioni che hanno indotto codesta amministrazione a non corrispondere ai dipendenti in parola le somme dovute;

b)        quali provvedimenti codesta amministrazione intende adottare affinchè siano scrupolosamente rispettate le procedure e, soprattutto, se dovuta, la puntualità dell’erogazione delle somme attribuite a ciascun operatore realmente impegnato;

c)        al Sindaco di vigilare sul corretto adempimento delle istruzioni contenute nelle disposizioni ministeriali e laddove ravvisasse elementi fondati di superficialità e/o svogliatezza da parte di taluni addetti nel ritardare ad arte la predisposizione della documentazione di rito quali azioni intende assumere.


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Comunicato stampa contro l’istituzione del divieto di accesso su Via Garibaldi a Villanova

Via Garibaldi – Villanova di Guidonia: Cerroni “annullare l’ordinanza che istituisce il divieto di accesso ai veicoli da Via Campolimpido”

“Il divieto di accesso su Via Garibaldi a Villanova per i veicoli che provengono da Via Campolimpido è inutile e dannoso. Va annullata l’ordinanza 419 che lo istituisce. Sul tema presenterò una mozione in Consiglio comunale ”lo dichiara in un comunicato Aldo Cerroni, consigliere del Gruppo API e VicePresidente del Consiglio a Palazzo Matteotti.

“Notizie di stampa confermano – prosegue Cerroni – che i cittadini e i commercianti che sul tratto di strada interessato sono residenti e che lì insistono con la propria attività commerciale sono fermamente contrari e, in proposito, hanno presentato al Sindaco Rubeis una petizione con circa 1000 sottoscrizioni per far ravvedere nel merito l’Amministrazione comunale”.

“L’ordinanza in parola è stata assunta in via sperimentale ed in via strettamente provvisoria al fine di rendere più fluido il traffico veicolare del comprensorio.

Tale ordinanza – che riguarda la seconda arteria in termini di importanza del territorio della III Circoscrizione – è stata assunta senza il parere preventivo della commissione consiliare competente e senza una pur rapida consultazione del territorio e dei consiglieri comunali eventualmente interessati”.

“La sperimentazione – insiste Cerroni –  è totalmente fallita”.

“Con l’inibizione del traffico che da Via Campolimpido si riversava su Via Garibaldi i veicoli che ivi transitano sono costretti ad utilizzare la Via Maremmana ossia l’arteria principale del centro abitato già notevolmente congestionata, andando ad aggravare una situazione già prossima al collasso.

Nella mozione che spero presto verrà discussa in Commissione e Consiglio chiedo l’annullamento dell’ordinanza e che della questione relativa alla fluidità del traffico su Via Garibaldi sia interessato il Comando P.M. e la Commissione LL.PP”.

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Discorso che ho tenuto il 17 Marzo in occasione del 150°

Sig. Presidente,  Sig. Sindaco, colleghi,

nel  celebrare  la festa  dell’unità d’Italia,  la mia riflessione e quella di Alleanza per l’Italia, pur nella spiacevole costatazione della mancata condivisione del percorso organizzativo con l’intero Ufficio di Presidenza, parte dal presupposto che i fatti , accaduti 150 anni or sono, hanno avuto come obiettivo primario la consapevolezza dell’urgenza di riunire sotto un’unica bandiera piccoli regni e stati frammentati, diversi fra loro per tradizioni, ma uniti dall’unica realtà culturale e ideale, che va sotto il nobile concetto di “nazione”. A tale scopo,  provvidenziale è stata l’opera di Giuseppe Garibaldi, che, in breve, è riuscito a fare il primo passo dell’unità territoriale. Successivamente – fatti gli italiani – si è  costituita la Patria, in cui il sangue sparso e i sacrifici dei nostri fratelli hanno avuto il loro naturale e straordinario approdo.

Tale premessa, per chiarire alcuni aspetti dell’attualità. Togliendo alle celebrazioni l’immancabile retorica, si può senz’altro affermare che il Risorgimento, nel suo significato più vero, ha dato inizio ad un processo di democratizzazione della nazione, in cui cultura e conquista delle libertà sono andate di pari passo con l’esigenza di una coesione sempre più forte dei cittadini, pur nel rispetto delle tradizioni di ciascun contesto popolare. E’ qui che si innesta il Federalismo vero, quello cioè che, nel rispetto dell’Italia unita, non ignora le differenze dovute a tradizioni e dialetti. Ciò non ha nulla a che fare con i conati di secessionismo o con i tentativi di ipotizzare nuove terre e nuovi popoli che non siano la nostra Italia, in un continuo atteggiamento di contrapposizioni inconciliabili.

Giuseppe Galasso, uno dei nostri storici più operosamente e puntualmente impegnati nella riflessione sul centocinquantenario, ha ricordato come dopo il 1860 una parte delle stesse forze risorgimentali “andò all’opposizione” e come la critica del Risorgimento abbia conosciuto significative espressioni. Anche oggi d’altronde non si chiede – nelle celebrazioni – una visione acritica del Risorgimento, una rappresentazione idilliaca di un mondo unitario e tantomeno della costruzione dello Stato nazionale. Quel che è giusto sollecitare è un approccio non sterilmente recriminatorio e sostanzialmente distruttivo, un approccio che ponga in piena luce il decisivo avanzamento storico che – al di là di contraddizioni e perfino di storture da non tacere – la nascita dello Stato nazionale unitario  ha consentito all’Italia.

Affermiamo che l’unità d’Italia si è incarnata ben presto nel concetto di democrazia, una grande conquista, che, dopo la parentesi del fascismo, non ha subito più scosse particolari, grazie anche al fatto che lo sforzo dei legislatori privilegiò, nel tempo, oltre alla soluzione dei problemi sociali, l’aspetto culturale. Si ebbe l’intuizione che una democrazia cresce e si consolida soltanto quando il popolo, superato il problema dell’analfabetismo, riesce ad acquisire strumenti culturali più solidi, garanti della libertà: è ovvio, infatti, che l’ignoranza  agevola, se non determina, la nascita della dittatura. Ciò dovrebbe far riflettere chi oggi è incaricato di guidare il paese: non ignorare che la cultura è un formidabile strumento di democrazia!

Alleanza per l’Italia, mentre partecipa con convinzione e consapevolezza a questa celebrazione, augura alla Patria comune un destino di crescita globale, in cui il federalismo non significhi nel modo più assoluto mettere in discussione l’unità senza  rinunciare, per questo, alle  municipalità.

E dunque, sia più che mai questo 17 Marzo 2011, la riflessione e la festa con cui oggi lo celebriamo nel simbolo storico della Nostra municipalità, pegno della nostra determinazione nel riaffermare, tutelare, rinsaldare l’Unità nazionale, che fu la causa cui tanti Italiani dedicarono il loro impegno e la loro vita.

Viva l’Italia.

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Noi siamo gli italiani, la cultura è il nostro petrolio

Riporto un articolo di Paolo Virzì , pubblicato il 11 marzo 2011 e che condivido appieno.

Il destino della attività creativa è stato da sempre quello di destreggiarsi tra gli umori dei Principi, la benevolenza insidiosa dei Mecenati astuti, l’elemosina interessata del ministro e dell’assessore.Ma mai come in questi anni abbiamo assistito a tanta devastante arroganza contro i nostri artisti, specie i migliori e i più liberi, da parte di figure di primissimo piano del potere politico.

Un dileggio divertito, che ha fatto da colonna sonora al più esplicito e rude progetto di ridimensionamento che la nostra storia ricordi. Pensare che invece la bellezza, lo stile, la cultura, sono il petrolio dell’Italia, la sua più grande ricchezza, oltre che la sua inimitabile identità. E non solo perché viviamo in uno sterminato museo a cielo aperto, che purtroppo abbiamo già colpevolmente ferito. Ma perché è evidente che nel tempo, nonostante divisioni, sciagure, guerre, gli italiani sono stati capaci di tramandarsi questo segreto: han custodito generazione dopo generazione una sapienza sopraffina e geniale per l’espressione artistica, per il senso del bello, per concepire il divertente, il commovente, l’affascinante.

Quel poco o tanto di prestigio di cui godiamo nel mondo lo dobbiamo soprattutto (o forse soltanto) a questa risorsa straordinaria e unica: la nostra cultura, la nostra musica, la nostra architettura, la nostra poesia, il nostro cinema, la nostra narrativa, il nostro teatro, le nostre arti figurative. Ma anche ad un certo modo di cucinare, di mangiare, di bere, di vestirsi, di arredare le case. Noi siamo gli italiani. Quella patria giovane dal passato travagliato, ammalata di un’arretratezza gravissima che spesso ci sconforta, ma che pure è ancora capace di offrire al mondo esempi miracolosi di eccellenza intellettuale e artistica.

Se per caso c’è in giro qualcuno che voglia occuparsi di un’Italia futura non potrà che ripartire da questa forza misteriosa e inesauribile che ha attraversato i secoli, liberandone finalmente le potenzialità e le energie, e mettendole saggiamente a profitto, per il bene di tutti.

Paolo Virzì è regista, sceneggiatore e produttore cinematografico. Il suo ultimo film, “La prima cosa bella”, ha ricevuto diciotto candidature al David di Donatello ottenendo tre riconoscimenti: per la miglior sceneggiatura, per la miglior attrice protagonista e il miglior attore protagonista.

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