Grazie!

Con un po’ di ritardo aggiorno queste pagine per ringraziere di cuore tutti quanti coloro che, accordandomi la loro preferenza, hanno permesso la mia riconferma a Consigliere comunale. Come ho detto a molti in questi giorni ritengo che Guidonia abbia perso l’occasione di continuare a crescere insieme riconfermando la fiducia all’Amministrazione Lippiello.

I due candidati al ballottaggio erano ugualmente inadeguati e ritengo che la Città non sarà amministrata bene da questo Centro Destra, così come si è configurato.

Con rammarico ho assistito alla vittoria del Centro Destra nella nostra Guidonia Montecelio, la terza città del Lazio, governata fino a qualche mese fa da una Giunta di Centro-Sinistra. Il dato elettorale, ma soprattutto la forte astensione, di gran lunga superiore al dato nazionale conferma ciò che da tempo dico, cioè che la Giunta Lippiello è stata mandata a casa in spregio alla volontà popolare e solo per intrighi di palazzo e per interessi personali dei soliti noti e non della Città. La forte astensione conferma che fra i due i cittadini avrebbero preferito un terzo Sindaco e il partito dell’astensione è la prima forza politica della Città.

Non posso non constatare il fallimento totale della strategia politica del PD locale, che dopo aver impedito la scelta del candidato Sindaco, ha chiuso un’alleanza spuria con un candidato Sindaco non rappresentativo e inidoneo.

Malgrado le ingenti somme impiegate dal PD in questa campagna elettorale e i metodi intimidatori e mafiosi di conduzione della campagna elettorale i cittadini di Guidonia non hanno creduto in un progetto inconsistente e di plastica, in un’alleanza solamente anti Lippiello e non per la Città.

Penso che sia necessaria una lunga e approfondita analisi della debacle elettorale e la individuazione precisa delle ragioni e delle responsabilità di questa assoluta sconfitta.

Ritengo che una dirigenza locale del PD, anagraficamente attempata, politicamente inadeguata e legata solo ad interessi di gestione amministrativa sia responsabile del brutto risultato elettorale e della consegna della Città alla Destra. Parimenti sono evidenti le responsabilità del livello provinciale del partito che incassa anche la sconfitta nel comune finitimo di Fonte Nuova, certificando nel quadrante nord est un generale fallimento della guida politica e della capacità di sintesi. Molto dovrà riflettere il centro sinistra, per risorgere da queste penose ceneri con uomini nuovi, progetti nuovi e idee nuove. La sconfitta odierna sancisce la fine di un’epoca e di una generazione politica.

Faccio i miei personali auguri di buon lavoro al nuovo Sindaco di Guidonia Rubeis, annunciando in Consiglio comunale un’opposizione vigile e impegnata e non preconcettualmente ostile sempre e solo nell’interesse della città e dei cittadini.

Ad maiora

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Adunata nazionale alpini a Latina

In questi giorni ci sarà a Latina l’ottantaduesima adunata nazionale dell’ANA, Associazione nazionale Alpini. Una bellissima iniziativa per un corpo glorioso delle nostre Forze armate.

Un saluto particolare agli Alpini di Guidonia e in particolare di Villanova – La Botte, che saranno presenti.

Riporto di seguito il saluto del Presidente Perona.

Cari alpini
quando riceverete questa pubblicazione preparata dalla Sezione di Latina, voi sarete già in questa città fondata 75 anni fa da tanti uomini giunti – molti con mogli, sorelle, figli – dal Triveneto, dall´Emilia- Romagna, dalla Liguria per bonificare una terra malsana e ridarle quell´equilibrio naturale che ha permesso di viverci. È dunque a questi padri fondatori, pionieri in Patria, che intendiamo rendere omaggio. Tanti bonificatori erano reduci della Grande Guerra, lo testimoniano i nomi dei borghi che dal Grappa al Pasubio ricordano il sacrificio di migliaia di Caduti.È quindi un debito di riconoscenza che vogliamo onorare.L´anno scorso, nella ricorrenza del 90° della fine della Grande Guerra, abbiamo degnamente rispettato il nostro motto “Per non dimenticare”. Anche quest´anno, però, ricorre un importante anniversario: il novantesimo di costituzione della nostra Associazione.
È dunque un doppio motivo di festa l´Adunata a Latina, che scandirà momenti di rievocazione e momenti di gioia del nostro stare inseme. Gli alpini riconosceranno i loro dialetti nei cittadini più anziani, scopriranno che i giovani, la cui parlata ha gli accenti della regione in cui vivono, hanno genitori e nonni venuti da tante regioni d´Italia.Saranno con noi gli alpini del 9° reggimento de L´Aquila con la loro gloriosa Bandiera di Guerra. Ci ricordano la nostra naja, ma anche il loro impegno in Patria e soprattutto nelle missioni di pace all´estero. Noi siamo orgogliosi di loro e dei loro comandanti e siamo sicuri che anche a Latina saranno circondati da quell´affetto che meritano.Mi è caro rivolgere un saluto alle autorità; vorremmo che
recepissero in pieno il significato del nostro stare insieme e del senso del dovere che trasparirà nei momenti più significativi della nostra Adunata: l´onore ai Caduti, la compattezza del nostro Corpo alpino, la fedeltà alle istituzioni, la solidarietà sociale. E vorremmo che in momenti difficili quali quello che stiamo attraversando, questi nostri valori sostenessero il loro senso dello Stato e il loro spirito di servizio.Infine, ma non certo ultimi, un saluto ai cittadini di Latina e dell´intera provincia che li ospiteranno. Voglio dirvi che l´Adunata è una festa che si ripete ogni anno in città diverse. Porteremo una ventata di fiducia e di gioia, ci auguriamo di lasciare un buon ricordo e all´indomani della grande sfilata che avrà percorso la città imbandierata, quando la città sembrerà vuota, sappiate che vi porteremo nel cuore, lo stesso cuore che ci ha spinto a venire fra voi.

Corrado Perona
Presidente nazionale
Associazione Nazionale Alpini

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Una posta a Collefiorito e a Marco Simone!

Gentili amici,

in clima di campagna elettorale ritengo opportuno e significativo impegnarsi per cose serie e non su questioni sterili e conseguenza dello strumentario politichese.

Ieri ho protocollato una lettera al Ministro delle Poste e Telecomunicazioni e al Direttore generale delle Poste S.p.a. rilanciando su un’antica questione e richiedento due nuove poste sul nostro territorio. nello specifico una a Collefioritoe laltra a Marco Simone. I due quartieri, infatti, hano subito nell’ultimo decennio un grande incrmento demografico ed entrambi sono privi di un Ufficio postale. Ciò oltre a determinare un danno per i cittadini delle due popolose frazioni determina disagi anche per gli abitanti di Setteville, Colleverde e Guidonia poiche i rispettivi uffici postali sono affollati all’inverosimile e gli operatori stessi sono sottoposti a ritmi di lavoro che penalizzano l’efficienza e la bontà del servizio offerto.

Ritengo di dover proseguire in campagna elettorale e anche dopo questa battaglia per il potenziamento dei pubblici servizi nel nostro Comune.

Ad maiora

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1 Maggio

1° maggio, Festa dei Lavoratori. Una data ricca di significati, di simboli, di sofferenza, sfruttamento, conquiste. Una di quelle date che varrebbe la pena di celebrare e festeggiare sempre. Ma non me la sento, non più. Perché è diventata una data scontata, svuotata,  integrata, omologata, come l’8 marzo. Perché con 1300 morti sul lavoro all’anno, tutti gli anni, non so da quanti anni, con centinaia di migliaia di precari sfruttati, sottopagati, depredati del futuro, con centinaia di migliaia per cui il lavoro, qualunque lavoro, è il sogno di una vita e tale rimane, con migliaia di clandestini assunti a nero, stroncati di fatica, umiliati, minacciati, picchiati, uccisi, celebrare questa festa mi sembra una bestemmia così blasfema da far sanguinare le orecchie e l’anima di tutti quei morti e di tutti quei vivi che sopravvivono. Per quel che mi riguarda, il 1° maggio come Festa del Lavoro ricomincerò a celebrarlo quando il lavoro diventerà un qualcosa che la sera faccia tornare a casa persone contente e, soprattutto, vive.
E al diavolo pure il concerto! L’unica cosa simpatica, oggi, la Festa del Patrono a Villanoava e la bella omelia di S.E. Mauro Parmegiani. Lucida e consapevole, significativa e penetrante.
Ad maiora
L
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Liberi i due rumeni accusati di favoreggiamento per lo stupro a Guidonia

Riporto da “Il Messaggero”
di Cristiana Mangani

ROMA (28 aprile) – Sono tornati in libertà Mugurel Goia e Ionut Barbu, i due romeni accusati di aver favorito gli stupratori di Guidonia. Niente più domiciliari, che tante polemiche avevano scatenato. Niente restrizioni. La legge prevede tre mesi di carcerazione preventiva per il reato di favoreggiamento, e così la procura di Tivoli non ha potuto bloccare la decorrenza dei termini e se li è ritrovati liberi. Ancora prima, però, di riuscire a stabilire con certezza quale sia stato il loro vero ruolo nella rapina e nello stupro avvenuto a Guidonia il 22 gennaio scorso. Goia e Barbu dovranno rispettare un’unica condizione: rimanere in casa dalle 22 alle 6 del mattino.

I due romeni vennero arrestati insieme ad altri connazionali alla fine di gennaio, dopo una caccia serrata da parte dei carabinieri del Nucleo operativo di via In Selci. Erano in sei: quattro hanno finito con l’ammettere la violenza sessuale, uno ha raccontato al gip di aver solo aiutato il gruppo di criminali a fuggire, mentre il sesto ha negato ogni coinvolgimento nella vicenda. Le intercettazioni hanno fatto il resto. Gli stranieri parlano tra di loro e dicono che devono andare al Nord: «perché qui ci beccano – spiegano – abbiamo combinato un casino».

Il quadro accusatorio emerso dalle indagini viene accolto dal gip Cecilia Angrisani, ma per Goia e Barbu le porte del carcere si aprono, ottengono i domiciliari, anche perché – è una delle motivazioni – hanno una casa dove risiedere e dove poter essere controllati. Il loro ruolo, però, non è del tutto chiaro. Così le indagini proseguono. Ma gli accertamenti tecnici non vanno di pari passo con i tempi della legge. Tre mesi di carcerazione preventiva passano in fretta e i due ritornano liberi come l’aria.

Viene da chiedersi come sia potuto accadere. Perché la Procura non è intervenuta per bloccare la scarcerazione. È ancora vivo il ricordo del racconto di Anna, delle atroci violenze subìte. Quello di Mario, il suo fidanzato, rinchiuso nel portabagagli della Opel e costretto a sentire mentre la sua ragazza veniva stuprata una, due, tre, cinque volte. È mai possibile che Goia e Barbu non sapessero chi stavano aiutando? Che non avessero visto in tivù o letto sui giornali quello che era accaduto? Il procuratore di Tivoli Luigi De Ficchy, che coordina l’inchiesta con il pm Marco Mansi, avrebbe voluto bloccare in qualche modo la liberazione, ma avrebbe potuto farlo solo chiudendo l’inchiesta e notificando il 415 bis alle parti. In realtà, sottolineano, non è stato possibile perché è ancora in corso un incidente probatorio nel quale si sta cercando di stabilire se i due presunti favoreggiatori abbiano avuto un ruolo anche nella violenza sessuale e nella rapina. La vittima ha ricordato di essere stata stuprata da cinque persone. Gli indagati in carcere per quel reato sono quattro. Gli inquirenti vogliono sapere se può aver partecipato anche uno degli altri due. È per questo che hanno sottoposto all’esame del Dna Goia e Barbu, ma i difensori hanno voluto che i risultati venissero riferiti durante un incidente probatorio, che è ancora in corso (l’udienza doveva essere fissata proprio in questi giorni), e questo ha allungato i tempi per la chiusura del fascicolo.

La speranza, ora, è che i due non si rendano irreperibili. I carabinieri li controllano di continuo. Il crimine commesso a Guidonia, a gennaio scorso, è troppo atroce perché (qualora il tribunale li riconoscesse colpevoli) la pena non trovi piena esecuzione.

Mi sembra evidente che, le maglie della nostra legislazione cavillosa ed eccessiva spesso ledano (in ossequio al tentativo di assicurare il massimo garantismo) l’autorevolezza e la forza della nostra Magistratura. Ritengo che l’Italia abbia sempre più bisogno di una radicale riforma della Giustizia, che la renda più efficace e meno lontana.

Ad maiora

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Lettera aperta

Cari assidui lettori,

il 6 e 7 giugno si tornerà alle urne per rinnovare il Consiglio comunale. Data l’importanza di questa consultazione elettorale, torno ancora una volta da voi per chiederti la fiducia.

Molti progetti sono rimasti in sospeso a causa, come sapete, dello scioglimento anticipato del Consiglio comunale, che stava ben operando per la crescita della città. Affinché questo processo di rinnovamento prosegua e si compia, occorre che le energie finora profuse non vengano rese vane. E’ per questo motivo che ho deciso, ancora una volta, di candidarmi per continuare nel mio personale progetto di servizio al bene comune.

Il tuo voto è indispensabile per risolvere problemi che da anni attendono di essere risolti e che riguardano i singoli cittadini così come la collettività: dalla qualità dell’aria alle infrastrutture, alla scuola, al decoro della città, all’occupazione sempre più precaria soprattutto per i nostri figli.

Occorre che tu, io e la coalizione a cui appartengo lavoriamo insieme per raggiungere obiettivi ambiziosi, ma reali e individuabili nelle esigenze di ognuno di noi. La mia disponibilità in tal senso, e lo sa chi ha avuto modo di conoscermi, è assoluta.

Per contattarmi, riproduco a pié di pagina il  mio numero di telefono.

Certo della Vostra stima Vi ringrazio fin d’ora se vorrete accordarmi la vostra fiducia e darmi , con il vostro voto, la preferenza come consigliere comunale nella lista civica “DEMOCRATICI per GUIDONIA MONTECELIO” Lippiello Sindaco

VI saluto cordialmente e Vi ringrazio.

Tel. 3286755860

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25 APRILE!

Riporto dal web!
OGGI 25 APRILE, FESTA DELLA LIBERAZIONE

Oggi, 25 Aprile, è la Festa della Liberazione, è la festa di tutti, di destra e di sinistra, è la Festa di un popolo che si è liberato. La data del 25 aprile rappresenta un giorno fondamentale per la storia della giovane repubblica italiana. Il riconoscimento di Gianfranco Fini, leader del principale partito di destra, ma anche figura istituzionale, è importante. Oggi distinguere destra da sinistra non ha più senso, non solo perchè in continuazione i politici cambiano schieramento e le ideologie ormai sono relitti del passato, ma anche perchè il senso di questa ricorrenza è altro. Positanonews cerca di spiegare, cosa che non fa nessuno, di cosa parliamo. E´ l´anniversario della rivolta armata partigiana e popolare contro le truppe di occupazione naziste tedesche e contro i loro fiancheggiatori fascisti della Repubblica Sociale Italiana. Il 25 aprile 1945 segna il culmine del risveglio della coscienza nazionale e civile italiana impegnata nella riscossa contro gli invasori e come momento di riscatto morale di una importante parte della popolazione italiana dopo il ventennio di dittatura fascista. Alla liberazione dell´Italia dalla dittatura si poté arrivare grazie al sacrificio di tanti giovani ragazzi e ragazze che, pur appartenendo ad un ampio ed eterogeneo schieramento politico (dai comunisti ai militari monarchici, passando per i gruppi cattolici, socialisti ed azionisti), si chiamavano con un solo nome: partigiani; combatterono al fianco di molti soldati provenienti da paesi diversi e lontani (dagli Stati Uniti all´Australia, senza dimenticare Inglesi e Francesi), ma tutti accolti come alleati. La stessa storia dell´Italia repubblicana fonda interamente le proprie basi nell´esperienza dell´antifascismo che Piero Calamandrei definì “quel monumento che si chiama ora e sempre Resistenza”, elemento base di una nuova religione civile della nascitura giovane democrazia repubblicana. Si è parlato più volte e da più parti della Resistenza come di “un secondo Risorgimento i cui protagonisti furono le masse popolari” (S. Pertini). Non è intenzione di chi scrive fornire una ricostruzione storica dei fatti e dei protagonisti, ma semplicemente sfatare una teoria storiografica revisionista che, negli ultimi anni, è molto di moda: la Resistenza come “guerra civile”. Benché la Resistenza non sia stato un fatto coinvolgente la maggioranza degli italiani, ma solo quella relativa degli abitanti delle aree centro-settentrionali, essa non è stata affatto una guerra di italiani contro italiani, come, in Spagna nel 1936, si era avuto uno scontro di spagnoli contro spagnoli. Infatti vi fu lo scontro tra soldati e combattenti italiani contro gli invasori tedeschi ed i collaboratori repubblichini, i primi, nel rispetto della pluralità politica, combattevano in nome della democrazia liberale o socialista che fosse, i secondi combattevano a fianco delle SS hitleriane sostenitrici della necessità di conquistare uno “spazio vitale” per la Germania nazista. Chi scrive non vuole assolutamente cadere nella retorica resistenziale, ma è fortemente concorde col fatto che la Resistenza fu un momento edificante in cui si affrontarono i sostenitori della libertà, della democrazia e della giustizia sociale contro gli adulatori della tirannide di cui furono essi stessi le prime vittime, se di “guerra civile” si vuole parlare la si deve intendere come “per la civiltà” (Dante Livio Bianco), come “una guerra politica, popolare ….. .Una guerra democratica, in duplice senso, in quanto democratico è il suo metodo ed è democratico il suo ultimo, l´abbattimento di una dittatura e l´instaurazione di un regime fondato sulla partecipazione popolare al potere” (Norberto Bobbio, ora in D. L. Bianco, Guerra partigiana, Einaudi, Torino 1973, p. VIII). Con ciò non si vuole fare un discorso relativo alle singole persone che combatterono su entrambi i fronti in buona fede, che vanno sempre e comunque rispettate, se non altro per i dolori e le sofferenze che furono costretti a subire. Premesso tale rispetto per tutti i morti, mi sembra lecito oppormi a quanto proposto da più parti (politiche e non) di trasformare il 25 aprile nel giorno della pacificazione nazionale per ricordare i morti: i morti, tutti i morti, si commemorano il 2 novembre e la questione della pacificazione nazionale è già stata risolta, in chiave politica dall´amnistia promossa dall´allora Guardasigilli Palmiro Togliatti e, in chiave storiografica e letteraria, da uno dei capi del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, il compianto senatore Leo Valiani, che, nel pubblicare il suo diario del periodo clandestino, nella dedica iniziale scrive “A Duccio Galimberti, per tutti i caduti,/ della nostra parte e dell´altra”, volendo così separare gli aspetti personali ed umani ( e umanitari?) della questione da quelli politici e storici. Ciò che più rammarica è che la Resistenza, lungi dall´essere un momento corale di unità popolare e nazionale, sia divenuta “la resistenza incompiuta o interrotta destinata, come tutti i conati, a indicare una meta ideale più che non a prescrivere un risultato”(Norberto Bobbio, ora in D. L. Bianco, Guerra partigiana, op. cit., p. XI). La Resistenza doveva divenire il “mito fondatore” su cui basare la Repubblica democratica scaturita dalle scelte dell´Assemblea costituente figlia della stessa esperienza partigiana, purtroppo ciò non è avvenuto completamente, ma quei valori di uguaglianza, democrazia e giustizia sociale, contenuti nella Prima Parte della nostra Costituzione sono sempre validi, attuabili ed a essi ogni democratico deve fare riferimento nella propria azione quotidiana.  La Repubblica italiana nasce dal libero e democratico voto del popolo il 2 giugno 1946. Insieme alla scelta relativa alla nuova forma di governo da dare al Paese il corpo elettorale fu chiamato a votare per l´elezione di un´Assemblea Costituente il cui compito fu la stesura e l´approvazione di una nuova Costituzione che vide la confluenza delle principali forze e delle maggiori idee dell´antifascismo e della cultura democratica laica, cattolica e marxista. Questa prima fase della storia repubblicana fu caratterizzata dalla collaborazione al governo dei maggiori partiti politici di massa (DC, PSI, PCI) e dei partiti laici minori. Fu compito di questa generazione politica traghettare sulle sicure rive della democrazia e della libertà un Paese in cui erano ancora bene evidenti i segni della dittatura fascista ed i danni della guerra. Per dirla con le parole dell´illustre giurista Piero Calamandrei, La Repubblica italiana fu un “patto fra uomini liberi e forti” e la Costituzione divenne la più nobile ed alta espressione dei valori democratici ed antifascisti e del rifiuto fermo e perpetuo della violenza e della prevaricazione delle libertà civili e politiche che avevano caratterizzato tutto il ventennio mussoliniano. Fu la Resistenza partigiana antifascista a riscattare l´onore e la dignità del nostro Paese aprendo una nuova e più proficua era di Pace e di sviluppo. La classe politica dell´immediato dopoguerra aveva, però, ben chiaro in testa che le prime vittime del fascismo erano stai tutti coloro (soprattutto le donne) che in buona fede e senza macchiarsi di gravi colpe, avevano appoggiato Mussolini: in quest´ottica va vista la famosa amnistia voluta dal Guardasigilli Palmiro Togliatti (PCI)

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Illuminazione Via Pantano

Finalmente, dopo un iter burocratico piuttosto lungo, è stata predisposta l’illuminazione pubblica, che presto verrà attivata, su Via Pantano all’altezza dell’incrocio con Via Campolimpido e Via Maremmana e sulla rotatoria della stessa Via Pantano all’intersezione con Via Trento.

Plaudo all’iniziativa dell’Assessorato ai Lavori Pubblici della Provincia, che ha finalmente completatato un iter avviato dal sottoscritto molti anni fa.

E’ vero che chi si loda si sbroda, ma voglio ricordare i fatti.

Quando ero ancora Presidente di Circoscrizione, nel lontano 2003, richiesi, vista la pericolosità, la messa in sicurezza e l’illuminazione dell’incrocio fra Via Pantano, Via Maremmana e Via Campolimpido. Dopo reticenze varie della Provincia di Roma e insistenza continua mia, finalmente nel 2008 l’incrocio menzionato viene messo in sicurezza e oggi finalmente, dopo ulteriori lettere e molteplici viaggi nella sede della Provincia, viene realizzato l’impianto di illuminazione.

Lo sento come un obiettivo raggiunto e un ottima cosa per la sicurezza stradale dei cittadini.

Ringrazio il Sindaco Filippo LIPPIELLO per aver sostenuto e aiutato in prima  persona il raggiungimento di questo semplice, ma importante obiettivo.

Grazie a tutti per l’importante sostegno che mi date nelle varie battaglie per migliorare la vita nella nostra cittadina e…

ad maiora

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65° ANNIVERSARIO RASTRELLAMENTO DEL QUADRARO

Riporto da Wikipedia

Il rastrellamento del Quadraro fu un’operazione militare tedesca effettuata il 17 aprile del 1944 ai danni della popolazione romana dell’omonimo quartiere situato alla periferia sud di Roma, durante la seconda guerra mondiale. Le truppe tedesche dapprima assediarono il quartiere e dopo un rastrellamento deportarono 947 uomini nei campi di concentramento in Germania. L’episodio in quanto a dimensioni ed efferatezza fu secondo solo alla tragedia delle fosse Ardeatine.

Antefatto

Ciò che fece crescere la tensione nel rapporto tra la popolazione romana e gli occupanti fu, oltre che all’inasprimento dei metodi repressivi da parte delle truppe tedesche, la sempre più forte paura di una escalation della guerra con l’imminente arrivo degli alleati e la carenza di viveri, visto che i bombardamenti degli alleati avevano obbligato i tedeschi ad usare principalmente il trasporto su gomma per il trasporto delle merci. Il 31 marzo fu presa una misura drastica per indebolire tutte quelle frange ribelli disseminate nelle periferie romane. Il comando tedesco anticipava l’ora del coprifuoco alle 16,00 agli abitanti dei quartieri Quadraro, Torpignattara, Centocelle e Quarticciolo. In effetti proprio in quel periodo il susseguirsi di sommosse e ribellioni da parte della popolazione romana, esasperata dalla propria condizione di vita, si verificò quasi all’ordine del giorno. Ma molto probabilmente la goccia che fece traboccare il vaso fu un clamoroso episodio avvenuto il 10 aprile in una trattoria di Cinecittà (la trattoria di Gigietto in via Calpurnio Fiamma). Nel pomeriggio del lunedì di Pasqua, Giuseppe Albano detto il “gobbo del Quarticciolo” assalì con la sua banda alcuni soldati tedeschi. Tre di questi vennero freddati a bruciapelo, provocando l’ira del comando tedesco a Roma.

L’operazione Balena

Kappler, deciso nel voler dare un’altra lezione al popolo romano, dopo quella delle fosse Ardeatine del 24 marzo, organizza, in tutta segretezza il piano Unternehmen Walfisch (Operazione Balena). Un piano che prevedeva, il rastrellamento e la deportazione in Germania di circa un migliaio di persone e che verrà eseguito la mattina del 17 aprile ai danni della popolazione del Quadraro, il popoloso quartiere alle porte di Roma. Per portare a compimento l’operazione, Kappler impiegò un imponente schieramento di uomini e mezzi. Questo fu dovuto al fatto che le strade del Quadraro erano sicure per i suoi abitanti, al punto che vi si poteva circolare liberamente senza il timore di incontrare dei soldati tedeschi o qualche fascista, ma nessuno poteva essere sprovveduto da addentrarsi per quelle vie, che ad ogni angolo potevano nascondere un partigiano. Lo stesso console tedesco Eitel Friedrich Moellhausen, affermò un giorno: “chi vuole sfuggirci ha due strade: o va in Vaticano, o al Quadraro”

Il rastrellamento

Il 17 aprile, verso le 4 del mattino, le truppe tedesche circondarono l’intero quartiere, bloccando ogni via di accesso e di uscita. Successivamente i soldati, guidati da Kappler, coadiuvati dalla Gestapo, dalle SS e dalla Banda Koch, iniziarono le perquisizioni, passando al setaccio il quartiere casa per casa. L’operazione venne giustificata come un atto che sarebbe servito per “reclutare” mano d’opera per la Wehrmacht. Solo successivamente, il console tedesco Moellhausen scriverà in un suo memoriale che in realtà si trattò di un atto militare di polizia e controguerriglia, sostenuto per distruggere le frange ribelli che da tempo si annidavano al Quadraro. Le circa 2000 persone rastrellate durante la mattinata (tutti uomini tra i diciannove e i cinquanta anni), furono portate al cinema Quadraro per essere schedati. Dopo ore di attesa, ammassati e trattati come bestie, vennero caricati su dei camion e portati a Cinecittà, per la selezione. Alcuni riuscirono a fuggire e molti tra gli scartati vennero arrestati. I familiari che si accalcavano davanti ai cancelli, furono brutalmente respinti dalla polizia fascista, mentre il parroco della chiesa Santa Maria del Buon Consiglio, Gioacchino Rey, si adoperava per aiutare gli sfortunati, procurandosi viveri, abiti e raccogliendo dei biglietti di conforto e di consiglio da portare ai prigionieri, ma quando chiese di poter conferire con un ufficiale per invocare clemenza, venne colpito al volto senza ritegno da un soldato tedesco.

La deportazione

947 persone divise in quattro gruppi, furono portate il giorno stesso con dei camion a Grottarossa. Da lì, in treno fino a Terni e pochi giorni dopo di nuovo trasferite al campo di transito di Fossoli (Carpi). L’esperienza di Fossoli, fu solo l’inizio di un lungo periodo di agonie e sofferenze: il 24 giugno, i rastrellati del Quadraro furono arruolati come “operai italiani volontari per la Germania” e deportati in Germania e in Polonia, costretti a lavorare nei campi di concentramento.

Molti di loro non sopravvissero all’arrivo degli Americani. Dei 947 deportati solo la metà tornò al Quadraro.

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