Duro attacco al sindaco Rubeis da sette consiglieri della sua maggioranza

 

Articolo tratto da “lavocedelnordestromano.it”

10 giugno, 2010

GUIDONIA – Volano accuse pesanti in maggioranza al Comune di Guidonia dove sette consiglieri del Pdl attaccano duramente il sindaco Eligio Rubeis: “Basta al clientelismo, alle spese folli e alle assunzioni facili”. Un comunicato firmato dal “gruppo dei sette” (così si autodefiniscino): Mario Valeri, Maurizio Neri, Michele Bianco, Giuseppe Nardecchia, Alberto Morelli, Marianna De Maio, Mirko Benetti. “Rubeis – scrivono – è ostaggio di una  lobby minoritaria interna alla maggioranza  che pensa di gestire il potere e il l’amministrazione comunale come una propria azienda dettando linee e strategie non in nome del bene comune ma solo ed esclusivamente dei propri interessi politici”. Si riferiscono ad una “lobby politico affaristica che imperversa nel palazzo comunale che deve essere debellata”.  a costo – sostengono – “di dover prendere posizioni forti cercheremo  insieme a Rubeis, in tutti i modi, di tutelare gli interessi dei cittadini, sia sotto l’aspetto economico che sociale, rendendo ancora più trasparente l’attività amministrativa svolta sino ad oggi”. E concludono: “Sulle grandi questioni non faremo sconti a nessuno e il nostro controllo sarà preciso e determinato”. (10 giugno 2010)

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Trenta dosi di cocaina nella manica del giubbotto, pusher in manette a Collefiorito

10 giugno, 2010 Articolo tratto da “lavocedelnordestromano.it”

COLLEFIORITO DI GUIDONIA – Aveva trenta dosi di cocaina nascoste nella manica del giubbottoto il pusher cinquantenne arrestato l’altro ieri dai carabinieri della tenenza di Guidonia a Collefiorito. L’uomo è stato bloccato intorno alla mezzanotte nei pressi di un bar della zona. Si ritiene che la droga sequestrata fosse destinata alla vendita al dettaglio solo dopo essere stata ulteriormente “tagliata” per ottenerne maggiori guadagni. L’ipotesi è confermata dal rinvenimento, nella casa dell’uomo, di due bilance di precisione e di tutto l’occorrente per il taglio ed il confezionamento delle singole dosi. L’arresto ed il rinvenimento dello stupefacente, giunge nell´ambito di un’ulteriore intensificazione nelle attività di controllo e di monitoraggio della vendita di droga nei diversi centri abitati del comune di Guidonia. Il pusher è stato associato al carcere di Rebibbia dove rimarrà a disposizione dell’autorità giudiziaria. (10 giugno 2010)

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Scontro auto-camion su via Longarina, trentacinquenne E’ grave

 

 

Riporto sempre da Lavocedelnordestromano.it

8 Giugno

VILLANOVA DI GUIDONIA – Scontro tra auto e camion ieri su via Longarina, rimasta gravemente ferita una trentacinquenne romena residente a Villanova. La donna stava percorrendo la via Longarina in direzione Guidonia al volante della sua Renault Clio, quando si è scontrata con un autocarro che proveniva dalla parte opposta. La vettura è piroettata verso il muro di cinta che costeggia la cava. Lo schianto ha fatto sbalzato fuori la signora. Portata d’ urgenza in elisoccorso al policlinico Gemelli, al momento è in prognosi riservata per le fratture riportate al torace. (7 giugno 2010) Simona Boenzi

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Colleverde ostaggio del degrado e abbandono!

Traggo da “La voce del nordestromano.it”
 
Colleverde ostaggio di degrado ed abbandono Una zona abbandonata, un quartiere che si fa fatica a pensare sia ancora parte del comune di Guidonia. Per via della lontananza ma non solo. Parliamo di Colleverde, nello specifico della zona residenziale di Colleverde 2. Ville meravigliose accanto a un degrado inconcepibile, se pensiamo proprio al lusso delle abitazione presenti nella zona, a ridosso di Santa Lucia di Mentana. Arrivando nella zona da via Monte Bianco, si nota uno scenario assolutamente contraddittorio. Case così belle dovrebbero avere, come corollario, servizi all’altezza. Non è così, e sono davvero tante le situazioni da denunciare. Alberi piantati sui marciapiede, che rendono impossibile il passaggio, strade che definire dissestate è fare un complimento, con buche di dimensioni importanti – vere e proprie voragini – spesso coperte con catrame che, anche a causa delle frequenti piogge, dura davvero molto poco, ai bordi delle strade erba molto alta, presumibilmente mai tagliata. Capitolo rifiuti. I cassonetti ci sono, ma sono praticamente vuoti. L’immondizia viene gettata al di fuori, non si sa per quali motivo:  ai lati di via Monte Bianco si trova praticamente di tutto, tanto che alcune persone civili hanno anche lasciato un cartello ai loro concittadini, proprio al di fuori dei cassonetti: “La mondezza si butta all’interno, non per strada”. Servirà? Tutto questo non fa altro che confermare la segnalazione arrivata in redazione da un residente in via Monte Venere. “Assenza di ogni tipo di vigilanza, alberi che coprono l’illuminazione pubblica, il tutto nel disinteresse delle istituzioni”. Nella via dove abita il cittadino, è addirittura presente un piccolo zoo, in uno stagno abitato da serpentelli, zanzare  grandi quanto un dito e rane, nell’ameno paesaggio di una zona – proprietà privata – assolutamente incolta. “Non ci consegnano neanche la posta, nonostante abbiamo già presentato un esposto”. Situazione quindi al minimo della decenza, che non migliora procedendo verso Santa Lucia di Mentana. Torniamo all’inizio. Si fa fatica a localizzare Colleverde come parte del comune di Guidonia. Questo è certo, è davvero un altro territorio, altre caratteristiche rispetto alla Città dell’Aria. Ma dalla descrizione che ci hanno fatto i residenti, e da quello che abbiamo visto, è terra di nessuno. E questo è inaccettabile. Servizio di Yari Riccardi
   
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Nobili (Api) su silenzio della Meloni…

Ieri il grido d’allarme del governatore Mario Draghi, che ha ricordato come i giovani siano le prima vittime della crisi. Oggi gli spaventosi dati divulgati dall’Istat sulla disoccupazione giovanile, che ha raggiunto proporzioni drammatiche. Secondo i dati un giovane su tre e’ senza lavoro, addirittura uno su due nelle aree piu’ svantaggiate del Paese. Due voci che confermano il fallimento del governo e della sua disastrosa politica economica”. Cosi’ Luciano Nobili, portavoce romano di Alleanza per l’Italia, che aggiunge: “Non solo questo esecutivo non fa riforme e premia gli evasori, salvo pentirsene quando e’ troppo tardi, non solo – spiega – moltiplica la spesa inutile, correndo ai ripari quando i soldi sono gia’ stati buttati, ma il prezzo piu’ caro della sua incapacita’ e mancanza di coraggio lo fa pagare ai giovani, che, anziche’ essere la risorsa su cui puntare, come accade in tutte le economie in salute, sono tenuti fuori dal mercato del lavoro. Ma un Paese che ragiona cosi’ e’ destinato a implodere”. Nobili continua reputando “desolante” il panorama “pero’ – precisa – la cosa che piu’ sconcerta e’ l’assordante silenzio del ministro delle Politiche giovanili (anzi della Gioventu’, come piace dire a lei) Giorgia Meloni.
Non una parola, non un intervento, non una battaglia sulle scelte del governo, che continua a ipotecare il futuro delle giovani generazioni. Cosa ne pensa di tutto questo il ministro Meloni? Quando tornera’ a far sentire la sua voce?”.
L’esponente di Alleanza per l’Italia ricorda che sull’home page del sito del ministero campeggia il prossimo appuntamento organizzato:”una bella convention sulla salute e il benessere dei giovani europei. Sarebbe piu’ utile – conclude – interessarsi al presente e al futuro di tanti suoi coetanei che non hanno la fortuna, come e’ capitato a lei, di avere qualcuno che li scelga per fare il ministro, e che si domandano come si fa a vivere in un Paese che ignora il merito e premia i garantiti”.

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L’exodus rovesciato

Riporto da “Repubblica” il fondo di Gad Lerner

TEL AVIV – Dalla spiaggia di Tel Aviv guardiamo il Mediterraneo incendiato dall’inconfondibile luce del Levante e proviamo un senso di vergogna, come di profanazione per quello che vi è accaduto nell’oscurità. Non si sono certo fatti onore i marinai d’Israele, protagonisti di un arrembaggio dilettantesco e cruento. Una delle pagine più oscure nella storia di Tzahal. Tanto più che spezza inavvertitamente l’equilibrio strategico mediorientale in cui la Turchia rivestiva una preziosa funzione di stabilità, e coalizza una vasta ostilità internazionale contro lo Stato ebraico.

Può anche darsi che stringendo gli occhi a fessura sul riverbero del mare la maggioranza degli israeliani sia trascinata dall’esasperazione a sussurrare tra sé l’indicibile – “ben gli sta, se la sono cercata” – ma ciò non ribalta il bruciore della sconfitta morale. Il paese è sotto choc, soggiogato dal senso di colpa. Vorrebbe giornalisti in grado di spiegare la strage come legittima autodifesa. S’immedesima nei militari feriti, e così la tv giustifica i primi marinai saliti a bordo della “Mavi Marmara”: hanno vissuto attimi di terrore, una situazione analoga a quella dei due soldati linciati dieci anni fa nel municipio di Ramallah. Ma suda vistosamente l’ammiraglio Eliezer Merom, seduto accanto al ministro della Difesa, Ehud Barak, quando tocca a lui giustificare una provocazione cui i suoi uomini, come minimo, non erano preparati. I portavoce governativi balbettano più volte la parola “rammarico”. Rispondono a monosillabi sotto l’incalzare dei reporter. Né giova alla credibilità internazionale d’Israele che il primo incaricato di rilasciare dichiarazioni ufficiali sia stato il viceministro degli Esteri, Danny Ayalon, esponente del partito di estrema destra “Israel Beitenu”: fu proprio Ayalon l’11 gennaio scorso a offendere di fronte alle telecamere l’ambasciatore turco Oguz Celikkol, fatto sedere apposta su una poltrona più bassa della sua e preso a male parole. Rischiando di interrompere già allora le relazioni diplomatiche fra i due più importanti partner degli Usa in Medio Oriente.

Oggi il trauma del distacco fra Israele e la Turchia è irrimediabilmente consumato. Non a caso il governo di Ankara aveva appoggiato la Freedom Flotilla dei pacifisti, salpata dalle sue coste con l’intenzione di un’esplicita azione di disturbo ai danni di Netanyahu. Israele è caduto in pieno nella provocazione.

E’ un tale disastro geopolitico, la contrapposizione al più importante paese islamico della Nato, oggi attratto nel gioco delle relazioni spregiudicate con la Siria e con l’Iran, da lasciar intuire che possa esservi stato un calcolo in tale follia: cioè che la destra israeliana al governo, già invisa all’amministrazione Obama, scommetta di sopravvivere praticando il tanto peggio tanto meglio. Netanyahu, ricattato alla sua destra, esercita una leadership fragile, piuttosto spregiudicata che coraggiosa. Ciò che lo assoggetta alle ricorrenti tentazioni d’azione militare dell’alleato laburista, politicamente sprovveduto, Ehud Barak. Il governo d’Israele si comporta come se non fosse mai avvenuto il ritiro dalla striscia di Gaza. Ha lasciato nelle mani di Hamas e dei suoi sostenitori internazionali l’arma propagandistica dell’embargo cui è sottoposta una popolazione di un milione e mezzo di abitanti. Cerca di mobilitare contro Barack Obama e Hillary Clinton la comunità ebraica statunitense, sottovalutando i dilemmi morali e le perplessità che il suo oltranzismo ha generato in quella che non è certo più una lobby compatta.

E’ coltivando il mito della propria autosufficienza, l’illusione di contenere sempre nuovi nemici grazie alla superiorità tecnologica e militare, che Israele è andata a infilarsi nella trappola della Freedom Flotilla. Incapace di trattare con cinismo distaccato un’iniziativa umanitaria sponsorizzata da tutti i suoi peggiori nemici. Non poteva limitarsi a bloccare fuori dalle acque territoriali il convoglio ostile? Perché la Marina è stata chiamata a dare una tale prova di arroganza e inefficienza? Male informata, come minimo, forse beffata nel corso di trattative ufficiose, ha suggellato un disastro politico.

Ma i calcoli strategici restano in secondo piano di fronte al turbamento delle coscienze.

Il blocco militare del Mar di Levante evoca troppi simboli dolorosi nel paese che coltiva la memoria dei sopravvissuti alla Shoah quasi alla stregua di una religione civile. Impossibile sfuggire alla suggestione che in una tiepida notte d’inizio estate le acque del Mediterraneo abbiano vissuto un Exodus all’incontrario. Non certo perché i militanti e i giornalisti a bordo della flotta che intendeva violare l’embargo di Gaza siano paragonabili ai 4500 sopravvissuti dei lager che le cacciatorpediniere britanniche speronarono nel 1947 al largo di Haifa, impedendo loro di approdare nel nuovo focolare nazionale ebraico. Ma perché quell’arrembaggio sconsiderato in acque internazionali, senza che Israele fosse minacciato nella sua sicurezza, discredita uno dei suoi valori fondativi: la superiorità morale preservata da una democrazia anche nelle circostanze drammatiche della guerra.

Per questo nell’opposizione al governo di destra echeggiano parole gravi, accuse di follia: “Chi ha agito con tanta stupidità deve rendersi conto che ha sporcato il nome d’Israele”, scrive per esempio il vecchio pacifista Uri Avnery.
Con timore mi sono presentato in serata all’incontro organizzato dall’istituto italiano di cultura, cui partecipava un centinaio di ebrei d’origine italiana. Mi avrebbero accusato come altre volte di tradimento, di scarsa lealtà alla causa israeliana? Lo scoramento, inaspettatamente, prevaleva sulla recriminazione. Nessuno dei partecipanti ha speso una parola per difendere l’operato del governo e di Tzahal. Il disastro politico veniva riconosciuto coralmente, chiedendosi semmai chi possa metterci una buona parola per segnalare all’estero l’angoscioso senso d’accerchiamento vissuto dagli israeliani.

E’ giunto ieri a Tel Aviv, per dialogare con la leader dell’opposizione Tzipi Livni, il filosofo francese Bernard Henry Levy. Filoisraeliano convinto, all’inizio del 2009 appoggiò perfino la spedizione punitiva “Piombo fuso” scatenata da Olmert contro Gaza. Ma oggi Henry Levy è tra i primi firmatari di un “Appello alla ragione” di varie personalità ebraiche d’Europa, collegate a un analogo movimento ebraico statunitense, denominato “J call”. Sono esponenti moderati, sionisti, solo in minima parte ascrivibili alla sinistra politica, che ora denunciano l’evidente ostilità del governo Netanyahu ai tentativi diplomatici messi in atto dalla Casa Bianca per costituire in tempi brevi uno Stato palestinese che viva in pace con Israele. Auspicano un ricambio di maggioranza politica a Gerusalemme, e di certo la segreteria di Stato americana condivide tale speranza: ha usato parole molte prudenti nel commentare la strage in mare. Ma il dispetto di Obama è gravido di conseguenze che gli israeliani percepiscono sotto forma di incubo dell’abbandono.

 

Con sollievo si è constatato che, per ora, il crimine marittimo non pare causa sufficiente a scatenare la prossima Intifada, cioè la rivolta interna degli arabi col passaporto israeliano. Ma non ci sono soltanto gli equilibri dei governi e della geopolitica mediorientale, in bilico. Chi protesta, o anche solo chi si vergogna in silenzio, avverte il pericolo che il paese cui è legato da un vincolo indissolubile di parentele e sentimenti, degradi nel disonore. In quello splendido mare infuocato, l’epopea dell’Exodus sta facendo naufragio.

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Comune di Guidonia… e crisi economica!

Mentre tutto il mondo si interroga sui percorsi virtuosi da intraprendere per uscire dalla crisi economica mondiale, mai così violenta e dannosa.

Mentre anche il nostro Governo dopo l’ottimismo profuso a piene mani e contraddetto da una manovra dai contorni ancora vaghi, ma certamente duri, impone sacrifici a 360°.

Mentre le famiglie  e ancor più quelle del nostro comprensorio faticano a sopravvire,

il nostro Comune oltre a spendere, come mai prima, per uno staff del Sindaco in cui le voci si sono moltiplicate, con incarichi non necessarii e di difficile configurazione, determinati più per la necessità di rispondere ad istanze politiche che progettuali e programmatiche,

implementa le tariffe, da quelle relative agli scuolabus a quelle della mensa, per finire con la nettezza urbana e non trova di meglio da fare che spendere ingenti somme di denaro in feste, sagre, appuntamenti pseudo – culturali di dubbio valore invece di investire, magari, in un welfare più efficiente e diffuso

Questi sono gli effetti della Giunta del rigore – morale di cui il Sindaco Rubeis si faceva paladino… dall’opposizione!!!

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Dal soffitto del container- scuola si stacca la plafoniera, un’alunna di dieci anni e la maestra finiscono al pronto soccorso

Riporto da lavocedelnordestromano.it

COLLE FIORITO DI GUIDONIA – Trauma cranico e cinque giorni di prognosi. Questo il referto del pronto soccorso per Chiara, 10 anni, dopo che una plafoniera “piovuta” dal soffitto della scuola l’ha colpita alla testa. Il pezzo di controsoffitto è caduto alungo il corridoio del container che ospita da sette anni due classi elementari del Quinto Circolo in via Rosata, a Colle Fiorito di Guidonia. L’incidente, avvenuto alle 14 di lunedì scorso, ha determinato la chiusura del prefabbricato e il conseguente spostamento degli alunni all’interno delle aule adibite a laboratori della sede adiacente. Accanto alla bambina, l’insegnate, trasportata anche lei come la piccola in ambulanza al San Giovanni Evangelista dove le hanno dovuto somministrare un antidolorifico prima della diagnosi: contusione alla spalla destra. Ad assistere all’incidente, l’amichetta del cuore della bimba, colpita di striscio. Gli alunni stavano rientrando nelle aule dopo la mensa quando all’improvviso il neon si è staccato ed è venuto giù in un secondo. “Oltre al colpo in testa – racconta Loretta, la mamma – mia figlia ora è spaventata, con lei tutti noi. Una cosa è certa. Nel container mia figlia non ci rientra. Fanno fare lezione ai bimbi in questo prefabbricato che sta marcendo ogni giorno che passa. Senza manutenzione. Che razza di agibilità può avere, tra l’altro col soffitto intriso di acqua? Si poteva temere il peggio – prosegue la signora -. Noi che garanzie abbiamo?” (28 maggio 2010)

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Contrarietà di API al ddl Intercettazioni

“Siamo un Paese in cui la morsa del crimine e’ molto forte: non dobbiamo indeboilire chi cerca di tenerci liberi dal crimine che minaccia la sicurezza delle persone e abbassa la legalità”. Lo dice Francesco Rutelli, leader di Alleanza per l’Italia spiegando al Senato la sua contrarietà al ddl sulle intercettazioni. “Diamo strumenti di indagine credibili; non indeboliamoli, visto che abbiamo già problemi molto grossi. Dobbiamo vedere quale sarà il punto di arrivo. E’ evidente che la pubblicazione di conversazioni di terze persone, il pettegolezzo, è giusto che abbia un limite, perché la privacy è importante, ma mai a danno della lotta alla criminalità”. L’ipotesi della fiducia, commenta Rutelli, “sarebbe assurda.
Adesso discutiamo, troviamo le soluzioni. Credo che l’opposizione non debba dare alla maggioranza pretesti per mettere la fiducia. Discutiamo nel merito, affrontiamo gli emendamenti, miglioriamo radicalmente questa legge”. Secondo il leader di Api “c’è per forza” uno spazio di discussione, perché “una legge illegittima non andrebbe lontano, sarebbe invalidata e darebbe ancor più incertezza a chi vuole contrastare il crimine e tutelare la privacy”.
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Ministeriali a fare la spesa

 

L’INCHIESTA

Le telecamere riprendono le uscite fuori orario dei dipendenti delle Infrastrutture: truffa allo Stato

  Il ministro dei Trasporti Matteoli (foto LaPresse)

 

 Il ministro dei Trasporti Matteoli (foto LaPresse)ROMA – Un centinaio di indagati, fra civili e militari, nella sede distaccata del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, in via dell’Arte, all’Eur. A incastrare decine e decine di impiegati le telecamere che da anni non funzionavano, nell’atrio della sede del dicastero, ma sarebbero state messe in uso ai primi sospetti che qualcuno, in orario di lavoro, si dedicasse ad altro: fare spesa, stare con i figli, prendersi un caffè. Ed è già polemica sul «Grande Fratello» al ministero, un occhio indiscreto che nel riprendere i lavoratori della cui lealtà si dubitava si dev’essere per forza soffermato anche sugli altri. Secondo gli avvocati di alcuni indagati, le riprese non erano previste da un accordo sindacale, né c’era una richiesta del pm che giustificasse la loro visione preventiva per ricostruire fotogramma dopo fotogramma l’andirivieni degli impiegati.

Secondo la procura, l’escamotage per uscire in orario di lavoro era duplice: chi per guadagnare l’uscita s’infilava fra i tornelli, del tipo in uso nelle metropolitane, con le due porte scorrevoli trasparenti mai perfettamente allineate. E chi, invece, si faceva prestare il cartellino da altri per andare fuori dall’ufficio quando avrebbe dovuto invece sedere alla scrivania. Unico, invece, il reato contestato: truffa ai danni dello Stato. «Violazione dell’articolo 640 comma secondo del codice penale – si legge nel provvedimento con cui è stata formulata l’accusa – perché con artifizi e raggiri, il dipendente tenuto ad un determinato orario, si allontanava dal luogo di lavoro, senza segnalare l’allontanamento e il rientro in ufficio mediante il badge in dotazione, procurandosi un ingiusto profitto, costituito dalle retribuzioni per attività non svolta, in danno del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti».

 

 La sede del ministero delle Infrastrutture all'Eur (Jpeg)

 

 La sede del ministero delle Infrastrutture all’Eur (Jpeg)A via dell’Arte sono in corso gli interrogatori. Talmente complesse, le indagini disposte tra gli altri dal pm Mario Ardigò, che si è deciso di dividere gli impiegati in scaglioni, con fasce orarie diverse, perché accanto a chi è già stato iscritto nel registro degli indagati c’è una massa di dipendenti sentiti, per ora, come «persone informate sui fatti». A far deflagrare l’inchiesta – appoggiata, sembra, dal ministro Altero Matteoli, che vuole venga fatta luce su questa storia – la classica soffiata. Alcuni lavoratori avrebbero segnalato i comportamenti anomali dei colleghi a chi si occupa del personale. E sarebbe bastato poco – appunto l’analisi delle immagini delle telecamere sistemate nella sede distaccata del dicastero – per dare conferma ai sospetti. Come riferimento è stata presa la settimana dal 12 al 19 marzo scorso: persone immortalate alle 12.30 all’esterno del tornello, avrebbero dovuto essere, a quell’ora, in ufficio. Non sono serviti approfondimenti particolari.

Mentre le indagini vanno avanti, facendo emergere fra l’altro una compravendita di tagliandi per il parcheggio che si trova nei pressi degli uffici, le difese hanno già pronti argomenti decisivi. Primo fra tutti, quello appunto delle immagini «rubate». «Non è una nostra invenzione – puntualizza l’avvocato Claudio Natale – ma è il Garante della privacy a dire che per riprendere i lavoratori occorre avvertire il responsabile sindacale dell’azienda, e non ci risulta sia accaduto in questo caso. Quindi le riprese sono illegittime». Secondo punto: «Un conto è mancare due ore dal lavoro. Un altro è andare fuori per la pausa pranzo, ad esempio dalle 12.30 alle 13 anziché dalle 14 alle 14.30, visto che a via dell’Arte manca la mensa interna e quelle di altri istituti vicini osservano un determinato orario. Alla fine della giornata, il tempo passato in ufficio è lo stesso. Non c’è nessun ingiusto profitto. Eppoi, non viene contestato un allontanamento sistematico, ma per due, tre volte in quindici giorni». Più o meno le stesse obiezioni da un altro legale, il professor Leonardo Mazza, che solleva anche lui dubbi sulla «conformità delle riprese filmate degli ingressi e delle uscite dei lavoratori. Gli indizi sono labili, le contestazioni minime, come essere usciti un’ora prima del previsto. Inezie». L’inchiesta è ancora agli inizi, tutto ancora da verificare. Dal ministero, la linea che per ora prevale è quella del riserbo. Poco o nulla da via dell’Arte, dove è ormai impossibile far finta di nulla, con tale scompiglio. Viene solo ribadita la «piena fiducia nella magistratura, l’unica che può dare contorni più precisi a questa vicenda».

Laura Martellini
articolo a pagina 3 della Cronaca di Roma del «Corriere» in edicola

24 maggio 2010

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